Dream on, dreamer (Australia felix)

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Mantenersi vivi e continuare a sognare, continuavo a ripetermi prima di scegliere la mia futura meta. Vivere in una città con 120 spiagge e circondata da foreste di eucalipti può andare bene, pensai.
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In certe giornate provo a guardarmi da fuori mentre cammino tra boschi, fiumi e casette vittoriane per andare a lavoro. Mentre nuoto in una delle baie dove il mare è più calmo, in meravigliose insenature cristalline. E forse questo per ora mi basta: non respiro più aria di pessimismo, e la parola crisi è sparita dalla mia tagcloud mentale. E quando i 20000 km che distano da qui all’Europa si moltiplicano con il passare dei mesi, basta raggiungere una spiaggia, sdraiarsi o buttarsi nell’Oceano, nell’infinito blu che si estende a perdita d’occhio.
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Timidamente anche qui compare qualche sporadica decorazione natalizia, ma eviterò per quest’anno il paradosso di trovarmi un albero di Natale a Bondi Beach o persino Santa Claus in speedo o la befana in bikini. Natale giunge e i bilanci d’esercizio si rendono noti, e mi accorgo di aver trascorso l’anno più difficile della mia vita esplorando in lungo e in largo la tanto amata Australia felix, the place to be, il continente felice. Viaggiando e lavorando. Costruendo un sogno che non c’era ma che ora ha le basi per il futuro che il mio bellissimo ma maledetto Paese mi ha rubato.
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Non so se questa storia di coraggio (e credo anche di felicità) continuerà down under o altrove nel mondo, e non importa se questo comporterà lavorare in fabbrica o in campagna, scaricare immondizia o fare il cameriere. Mi importa solo che continui con una brezza oceanica di sottofondo, in una spiaggia tropicale, o dovunque non esista la pressione del “dover essere”, ma solo il piacere di imparare a vivere davvero. Ospite di una condizione sociale che non mi apparteneva in Italia, ma che qui sa di libertà. E scusate se è poco.
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In Australia miglioro la capacità di lasciarmi scivolare di dosso ciò che non conta. Tutto, tranne quel pizzico di nostalgia italica, quel rendersi conto – sempre e solo a migliaia e migliaia di km di lontananza – che non tutto era insopportabile come sembrava allora..
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C’era una volta l’ansia…

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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Raffaella Morese ha detto:

    Coraggioso ragazzo, il tuo post sa di nostalgia e di felicità. Mi piace. Bravo!

  2. Pepper ha detto:

    Sei meraviglioso lo sei e lo sarai…devi sempre essere Te stesso ma sembrare differente…spero che tutta la Tua VITA sia quel viaggio meraviglioso che meriti di cuore……<3

  3. bobmarcobob ha detto:

    Il primo anno e’ sicuramente il piu’ difficile, superarlo significa avere finalmente la strada in discesa. La sensazione principale di quando si va a vivere all’estero, dopo un periodo di ambientamento, e’ proprio la liberta’ di cui parli, la tanto agognata sensazione di essere padroni del proprio destino. Sono molto felice per te, continua cosi’.

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