Più che un luogo, l’India é l’universo degli ossimori. I suoi contrastanti umori destano sconcerto, mentre l’enorme e bizzarra bellezza delle città, le verdi radure e i capolavori indu incantano.
Oh, se solo fosse un po’ meno caotica, più pulita, più giusta. O ancora meno polverosa, o con meno vacche per la strada..dicono alcuni. Se solo fosse un po’ meno di questo e un po’ più di quell’altro non sarebbe senz’altro l’India, ma l’ennesimo paese bomboniera a cui noi europei siamo ampiamente avvezzi.
In un’India magica e inestinguibile, essenze di curry, curcuma e zenzero si mescolano al puzzo di plastica e gomme bruciate preparando tutto il corpo a una seconda pelle, per un’esperienza come nessun’altra sarebbe mai potuta essere.
Arrivato all’alba a Bombay, le porte dell’India per me si spalancano con un tremendo caldo-umido e una fitta pioggerellina monsonica, mentre in “taxi” attraverso la città tra slums e milioni di auto strombazzanti.
Comincio già a contare centinaia di volti e di scene di vita quotidiana che non andranno più via dalla mente. Clochard che per scampare alla pioggia si affrettano a costruire una dimora di fortuna in pochi minuti, mercati brulicanti che si affacciano direttamente sulle vie ostruendo i marciapiedi mentre dei ragazzini a piedi nudi nel fango tentano la fortuna ad un semaforo.
E sono solo le prime luci dell’alba.
Ma, lasciando a casa l’urticante, ipocrita e oramai disperato perbenismo italo-europeo, e grazie ai miei 2 meravigliosi ciceroni “locali”, ho scoperto ben altri lati di questa gloriosa e infernale metropoli.
Non solo canali di scolo a cielo aperto, discariche improvvisate in pochi minuti o frastuono nauseabondo. Ma anche, e soprattutto, una città incredibilmente dinamica che cambia rapidamente ogni giorno, anche grazie a molti stranieri che ci vengono una volta, se ne innamorano perdutamente, e ci restano per anni, a volte per sempre. Offrendo la propria expertise per favorire opportunità di scambio e costruire nel tempo lo scenario futuribile di una nuova India.
Virando verso Nord, sulle fertili e verdeggianti colline del Rajasthan, la sublime Udajpur si adagia sul lago Pichola per creare uno degli scenari più iconici di tutta l’India. La city-lake toglie il fiato, tra sontuosi palazzi che ne evocano il suo passato glorioso e il rigoglìo tropicale delle foreste che la abbraccia tra due laghi.
Immersa in un’atmosfera mistica, la città si snoda tra meravigliose viuzze, ponticelli, tremendi scorci panoramici e non pochi centri per massaggi e trattamenti ayurvedici per accalappiare turisti. E’ la Venezia d’India, di tutto l’Est del pianeta, secondo alcuni. Ha lo sfondo delle colline e un’aria esotica travolgente.
Dove la “puzza” diventa odore, il caos iride multiforme, e il caldo umido un abbraccio dell’universo.
Da Udaipur a Jodhpur, il Rajasthan percorso in autobus nelle tipiche “cuccette” appare sempre più lontano da Bombay e da tutto il resto del mondo.
E dopo un tortuoso ma affascinante viaggio on the road è la volta di Jodhpur.
The Sun City brilla di una luce divina e ha il colore del cielo per il blu delle sue case, sovrastate da diversi secoli dalla sontuosa fortezza di Mehrangarh.
I taxi a 3 ruote (i leggendari tuk tuk) si muovono a velocità supersoniche, incontrando il livello di intensità di suoni e rumori provocati dal perenne caos cittadino in un gomitolo di vicoli intricati.
Un persistente e complicato caldo-umido non mi impediscono di perdermi negli abissi di questa splendida perla della cultura indiana.